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LORETO – L’arcivescovo di Loreto e delegato Pontificio Fabio Dal Cin ha celebrato la Messa in Suffragio di Papa Francesco.
“Ci siamo riuniti in preghiera – ha detto l’arcivescovo - spinti dal desiderio di vivere, nella fede e nella speranza, la morte di papa Francesco.
Il Signore lo ha chiamato a sé in questo tempo pasquale, mentre celebriamo la vittoria di Cristo Risorto sul peccato e sulla morte. Mai come in questi giorni la fede viene espressa in modo spontaneo, intenso e ininterrotto, attraverso l’omaggio di uomini e donne, cattolici, credenti e non credenti, a Colui che in questi 12 anni è stato di fronte al mondo testimone della Pasqua di Cristo, col suo spirito di servizio e di sacrificio”.
“Nella sua prima omelia rivolta ai Cardinali, il giorno dopo l’elezione – ha aggiunto mons. Dal Cin - Papa Francesco tratteggiò la sua missione in tre parole: camminare, edificare,
confessare Cristo!
Camminare. Disse: la nostra vita è un cammino e quando ci fermiamo, la cosa non va. Camminare sempre, in presenza del Signore, alla luce del Signore, cercando di vivere con quella irreprensibilità che Dio chiedeva ad Abramo, nella sua promessa.
Edificare. Edificare la Chiesa di pietre vive, la Sposa di Cristo, su quella pietra angolare che è lo stesso Signore.
Confessare. E spiegò: Noi possiamo camminare quanto vogliamo, noi possiamo edificare tante cose, ma se non confessiamo Gesù Cristo, la cosa non va.
Diventeremo una Ong assistenziale, ma non la Chiesa, Sposa del Signore. Chi non prega il Signore, prega il diavolo! Quando non si confessa Gesù Cristo, si confessa la mondanità del diavolo.
Fratelli e sorelle,
Questo è stato il suo programma di vita e di pontificato.
Non si può comprendere ed apprezzare chi è stato e che cosa ha fatto se non partendo da Cristo. Come ci ha detto il Vangelo stasera: Gesù non è un fantasma, un’idea del passato, un ideale da seguire, ma una persona viva che possiamo incontrare, di cui possiamo fare esperienza reale.
Papa Francesco ha messo davanti a tutti e a tutto la parola di Gesù e a questa è rimasto fedele.
In nome di Cristo, ci ha spronato ad essere una Chiesa in uscita, come ospedale da campo; cioè cristiani che si sporcano le mani, che accettano anche le proprie fragilità, ma che sempre cercano la perfezione nell’amore.
Le sue lettere, scritti e omelie hanno tutte un filo conduttore: prendersi cura dell’altro, non stare rinchiusi nella propria cerchia; ma mettersi in cammino verso gli altri, cercare l’altro nella sua fragilità e sperimentare la tenerezza e la misericordia di Dio Padre.
Penso che nessun Papa come Lui, nell’ultimo secolo, abbia così tante volte richiamato le opere di Misericordia - come insegna il Catechismo - in tutte le sfumature possibili e immaginabili.
Per amore di Cristo, ha messo gli ultimi al primo posto; gli anziani, gli ammalati, i migranti, le famiglie ferite, i bambini non accolti e indifesi, le donne maltrattate, le persone vulnerabili…
Nella verità di Cristo, ha richiamato tutti all’essenzialità della Vita; tutti, davvero tutti, non ha lasciato fuori nessuno. Non ha avuto paura di chiamare le cose per nome, ma nello stesso tempo, ha indicato a tutti la via della misericordia e della speranza.
In nome di Cristo ha guardato in faccia la realtà di oggi cogliendone le sfide e le provocazioni come un’occasione per una adesione più viva e autentica alla gioia del Vangelo.
Sulle orme di Cristo, ha svolto la sua missione, con autenticità e concretezza, ricollocando la fede cattolica al centro di un’attenzione che ha travalicato iconfini dell’appartenenza stessa”.
“L’amore che Gesù ha manifestato a Pietro sulla riva del mare di Galilea – ha proseguito l’arcivescovo di Loreto – ha trovato in Papa Francesco una risposta piena e inesauribile: ha guidato la Chiesa spendendosi, fino all’ultimo. Anche nella sua malattia ci ha insegnato ad amare e a servire le persone, soprattutto i più deboli e sventurati della vita.
In questa visione di fondo, mi sembra che possiamo attribuire a questo Papa venuto dalla fine del mondo, le parole che San Paolo dice di sé: “ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa e ho custodito la fede”.
Papa Francesco, ha combattuto la buona battaglia con i suoi gesti e le sue parole, a volte imprevedibili e provocatorie, contro ogni forma di ipocrisia.
Ha custodito la fede in Cristo Signore accendendo nei cuori la speranza e trovando la forza di sorridere alla vita, alla famiglia, al prossimo, alla vecchiaia, all’eternità.
E ha terminato la sua corsa salutando tutti in piazza S. Pietro domenica scorsa, giorno di Pasqua. Come un padre di famiglia che, prima di lasciare questo mondo, vuole salutare tutti i suoi figli, come ultimo gesto di un dono di sé che è durato una vita intera. Se n’è andato nella luce di Cristo ed ora con Lui vive per sempre! La Madonna che Lui ha voluto venerare anche in questa Santa Casa come
pellegrino, celebrando l’Eucaristia il 25 marzo 2019, - primo papa a celebrare la messa nella Santa Casa dopo 162 anni – la Madonna di Loreto, esperta in trasvolate, lo avrà certamente accompagnato nel suo volo dalla terra al Cielo,
senza turbolenza.
Chiediamo la grazia di custodire gelosamente il ricordo di questo uomo, e papa, e di non dimenticare il suo prezioso magistero.
Questo è il tempo di pensare e pregare; pregare per Lui, perché riceva il premio delle sue fatiche, pregare per la Chiesa e per il nuovo papa, pregare per la pace nel mondo che Lui ha ostinatamente invocato, pregare per la nostra
conversione!
Grazie papa Francesco – ha concluso il delegato Pontificio - . Prendi parte all’eterna gioia del tuo Signore, nel quale hai creduto, amato e sperato”.