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In molti progetti complessi – dal sociale alla cultura, passando per i finanziamenti pubblici – si dà per scontato che comunicare equivalga a pubblicare. Una sezione news, una landing page, qualche post e la casella “comunicazione” sembra spuntata. Ma visibilità non è impatto, e “esserci online” non basta se nessuno capisce davvero cosa stiamo facendo. Ripensare la comunicazione significa uscire dal binario dell’adempimento e costruire strategie che parlino davvero alle persone giuste, nei momenti chiave del progetto.
1. Il mito della comunicazione ‘di default’: news, landing page, post su Facebook
Spesso la comunicazione viene affrontata come un adempimento: si scrive un comunicato, si pubblica una notizia sul sito, si condivide un link su Facebook. Ma la somma di questi elementi, da sola, non costruisce una strategia. Se i contenuti non parlano al pubblico giusto, nel momento giusto, nel modo giusto, restano visibili solo a chi li ha prodotti. La comunicazione non è un documento da archiviare: è una relazione da coltivare.
2. Cosa serve davvero per comunicare un progetto complesso: strategia, obiettivi, pubblico
Comunicare un progetto articolato richiede chiarezza sugli obiettivi (perché comunichiamo), consapevolezza sui destinatari (a chi stiamo parlando) e visione d’insieme (cosa vogliamo far accadere). Serve un piano che tenga conto dei tempi del progetto, degli attori coinvolti, dei contenuti da produrre e dei canali più adatti. Non è necessario “fare tutto”, ma è fondamentale fare bene ciò che serve.
3. Dal sito al piano: i canali da attivare, i contenuti da produrre
Il sito è un tassello, non il puzzle. Un buon piano di comunicazione integra più canali (social, newsletter, stampa, eventi, materiali visivi e narrativi) e diversi formati (infografiche, interviste, video, reportage, storytelling, aggiornamenti progettuali). Ogni canale ha il suo linguaggio, e ogni contenuto deve essere pensato per aiutare chi legge a capire perché quel progetto è importante, in quel momento, per quella comunità.
4. Multicanalità, coerenza, analisi: la base per non disperdere risorse
Avere molti canali non basta: serve coerenza narrativa, una visual identity riconoscibile, un tono adatto. E serve monitoraggio: misurare cosa funziona, ascoltare i feedback, correggere la rotta.
Nelle organizzazioni che lavorano bene, la comunicazione non è un centro di costo, ma un investimento relazionale. E i ritorni si misurano in ascolto, partecipazione, consenso.
Oltre l’adempimento: la comunicazione come leva progettuale
Nei progetti finanziati o ad alto impatto pubblico, trattare la comunicazione come un obbligo postumo significa rinunciare a una leva strategica. Alcune realtà, come MOOV Comunicazione, stanno dimostrando come l’integrazione della comunicazione nei processi – e non solo nei risultati – possa migliorare trasparenza, coinvolgimento e accountability. In contesti dove la fiducia si costruisce a fatica, la narrazione partecipata può diventare un potente alleato. Vale la pena chiedersi: quanto può incidere una comunicazione progettata per restituire senso, oltre che risultati?
Le domande giuste da porsi, prima ancora di comunicare
• So davvero chi dovrebbe interessarsi al mio progetto?
• Ho definito con chiarezza gli obiettivi della comunicazione?
• Ogni contenuto prodotto ha un perché e un per chi?
• Ho costruito una relazione o sto solo diffondendo notizie?
Spesso, le risposte a queste domande arrivano solo dopo aver sprecato tempo e risorse. Le organizzazioni che lavorano meglio sono quelle che, anche nella comunicazione, iniziano con una domanda, non con una pagina web.
Questo contributo è ispirato a un approfondimento pubblicato sul nostro sito. MOOV Comunicazione.
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