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Questa mattina, di fronte ai giudici del tribunale di Ascoli Piceno, nel corso della quale è stata presentata l’opposizione alla richiesta di archiviazione del procedimento sul suicidio di Roberto Franzè, avvenuto nel carcere di Ascoli l’8 dicembre 2021. Franzè, 45 anni, residente a Brescia, era detenuto su mandato di custodia cautelare emesso dal gip bresciano nell’ambito di un’indagine su usura ed estorsione.
Il suicidio di Franzè non è stato un evento improvviso: il detenuto aveva manifestato le sue intenzioni attraverso lettere inviate alla procura di Brescia in cui faceva riferimento alle gravi condizioni di salute in cui si trovava.
Gli avvocati Anna Marinelli e Gianbattista Scalvi, difensori dei familiari di Franzè, hanno sollevato delle obiezioni riguardo alla richiesta di archiviazione del procedimento avanzata dalla Procura di Ascoli Piceno nei confronti del direttore pro-tempore del carcere in cui era detenuto Franzè senza che questi risultasse nemmeno formalmente iscritto nel registro degli indagati. Una anomalia rilevata anche dal giudice che ha deciso di rinviare l’udienza al 5 giugno chiedendo chiarimenti alla Procura di Ascoli.
Secondo gli avvocati Scalvi e Marinelli, questo episodio, apparentemente marginale, solleva un campanello d’allarme riguardo al divario tra l’attenzione mediatica sui suicidi in carcere e l’effettiva attenzione dedicata quando si tratta di avviare un’indagine sulle eventuali responsabilità. Essi sostengono che sia necessario verificare se i protocolli di prevenzione dei suicidi vengano effettivamente applicati, soprattutto nei casi in cui si verificano episodi ripetuti.
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