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Due anni di reclusione, pena sospesa, e l’obbligo di seguire un percorso antiviolenza in una struttura specializzata. È la decisione pronunciata dalla giudice Domizia Proietti al termine del processo che ha visto imputato un uomo di 42 anni residente a Castel di Lama, accusato di aver perseguitato e aggredito l’ex moglie dopo la fine del loro matrimonio, avvenuta nel 2020.

Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, l’uomo avrebbe assunto per mesi atteggiamenti ossessivi e intimidatori nei confronti della donna: si sarebbe presentato ripetutamente sotto la sua abitazione urlando e insultandola, e l’avrebbe più volte minacciata, soprattutto all’idea di vederla insieme al nuovo compagno. Minacce che, stando alla testimonianza della vittima, riguardavano la vita di entrambi.

A ciò si sarebbero aggiunte frasi offensive rivolte alla donna durante incontri casuali in strada, accuse di tradimento e continui rimproveri per il nuovo corso della sua vita. Un clima di pressioni e paura che, come riportato dalla stessa vittima, l’ha indotta a cambiare abitudini e a trasferirsi per evitare di incontrare l’ex coniuge.

Il momento più grave della vicenda è stato quello avvenuto il 19 settembre 2023, quando, secondo l’accusa, l’uomo sarebbe entrato nell’abitazione dell’ex moglie in presenza della madre di lei. Dalle deposizioni è emerso che, dopo un alterco verbale culminato in nuovi insulti e accuse, la donna avrebbe tentato di allontanarsi dall’appartamento, venendo però bloccata. L’uomo l’avrebbe afferrata provocandone la caduta, immobilizzandole le braccia e coprendole la bocca per impedirle di chiedere aiuto.

Nonostante la fuga temporanea, la donna sarebbe stata nuovamente raggiunta e riportata all’interno della casa, finendo poi colpita al punto da riportare lesioni giudicate guaribili in circa 30 giorni: ematomi al volto e alle spalle, contusioni agli arti e al torace.

Il quadro complessivo, sottolineato dalla pubblica accusa, ha evidenziato un perdurante stato di ansia e timore vissuto dalla vittima nel lungo periodo successivo alla separazione.

Il difensore, l’avvocato Alessandro Angelozzi, ha cercato di ridimensionare la vicenda definendola un episodio maturato in un contesto familiare complesso, attribuendo parte delle responsabilità anche all’intervento di altri parenti. Ha inoltre sostenuto che l’uomo fosse spinto dalla gelosia e dal timore di perdere il rapporto con i figli.

La giudice, tuttavia, ha ritenuto la condotta sufficientemente grave da imporre una condanna, pur con i benefici di legge. Ora il 42enne dovrà intraprendere un percorso antiviolenza.

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